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4 Giugno 2020

SANTISSIMA TRINITA’ Domenica 7 giugno 2020

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-18


In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per
condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede il lui non è condannato; ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.


la Preghiera


Tu ci offri una possibilità inaudita
che possiamo accettare o rifiutare.
L’avventura che ci proponi, Gesù,
non è priva di rischi, di fatiche,
ma ci permette di partecipare
alla tua stessa vita, la vita di Dio.
Non siamo più vittime
di illusioni e di chimere,
di promesse magiche e impossibili.
Tu strappi la nostra esistenza
a tutto quello che la impoverisce,
la umilia, la usura, la sminuisce
e ci fa attingere
ad una sorgente inesauribile
di autentica vitalità e pienezza.
Tu ci fai avvertire la gioia
di poter contare sempre
sull’amore di un Padre,
la cui tenerezza e misericordia
sono senza limiti.
Tu infondi in noi la fiducia dei figli
che scoprono la bellezza
di riconoscersi fratelli.
Tu rendi ardenti i nostri cuori
accesi dal fuoco dello Spirito
e per questo capaci di un’audacia nuova
nel cercare la verità,
nel perseguire la giustizia,
nel praticare la solidarietà.
Così, attraverso di te,
il Crocifisso Risorto,
noi entriamo nella comunione
che ti lega al Padre e allo Spirito,
nel rapporto di amore
che profuma di eternità.
Così nulla può ormai strapparci
a questa relazione che apre
la nostra povera vita alla gioia di Dio,
al suo oceano infinito di pace.


LA SANTISSIMA TRINITA’ omelia di Padre Ermes Ronchi

“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”

Non dimentichiamo mai questa frase, non lasciamola decadere, impolverarsi. Io sono con voi dentro le vostre solitudini, dentro gli abbandoni, dentro le cadute. Con voi tutti i giorni. Senza condizioni e senza clausole. Nei giorni in cui credi e nei giorni in cui dubiti, quando ti sfiora la morte, quando ti pare di volare, sarò con te. Aiutiamo Dio a restare in noi, a restare vivo in noi. Etty Hillesum, morta a 28 anni in un campo di sterminio, scrive nel suo Diario, un libro bellissimo: “ L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi angosciosi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio, e forse possiamo anche contribuire a disseppellirli dai cuori devastati di altri uomini. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me. Una cosa diventa sempre più evidente per me e cioè che Tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare Te a restare vivo in questo mondo, e in questo modo aiutiamo noi stessi. E io so che non si può essere nelle gringfie di nessuno se si è nelle tue braccia”.

Oggi è la festa della SS. Trinità. Ma forse, è il caso di dimenticare, almeno provvisoriamente, anche questa definizione, perché si corre il rischio di ridurla ad una affermazione astratta da lasciare a quelli che amano le acrobazie teologiche. Noi andiamo al Vangelo di Matteo 28,16-20, che non offre formule razionali e neppure simboli per parlare di Dio, ma il racconto di un appuntamento. Ci sono andati tutti all’ultimo appuntamento sul monte di Galilea. Sono andati tutti, anche quelli che dubitavano ancora, portando i frammenti d’oro della loro fede, piccola, dentro vasi d’argilla. Sono una comunità ferita che ha conosciuto il tradimento, l’abbandono, la sorte tragica di Giuda; una comunità che crede e che dubita fino alla fine. Ed ecco che Gesù ha un’altra volta una reazione bellissima; invece di rimproverarli, di risentirsi o di rinchiudersi , “si avvicinò e disse loro….”. Si
avvicinò! Ancora non è stanco di avvicinarsi e di parlare. “Quale nazione ha un Dio così vicino?”. Dubitano e lui non mantiene le distanze, le accorcia, abbrevia lo spazio, si fa più vicino. I nostri bdubbi non fermano Dio. Ancora non è stanco di inginocchiarsi davanti a te, respiro su respiro. E’ il viaggio eterno di Dio, il nostro Dio “in uscita”, sparpagliato per tutta la terra, in cerca del santuario che sono le sue creature, che bussa alla mia porta e, se io non apro, come tante volte, lui alla porta mi lascia un fiore. E tornerà.

Che bello questo maestro che, fino all’ultimo, non molla i suoi e la sua pedagogia vincente è “stare con loro”, più vicino di prima, insieme a loro per non allontanarsi più: “ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Tutti i giorni, in quelli del canto e in quelli delle lacrime. Quando lo cerchi e anche quando lo dimentichi; e, quando ti perdi, lui non ti perde. Rimane con te. Perché questa cosa straordinaria , che il Signore sia con me, non dipende da me, dipende da lui. E’ un suo dovere, il primo dovere di chi ama è di stare insieme con l’amato.

“E disse loro: andate in tutto il mondo e annunciate”. Affida ai dubitanti il Vangelo, la bella notizia, la parola di felicità, per farla dilagare in ogni paesaggio del mondo, come fresca acqua chiara, in ruscelli splendenti di
riverberi di luce, a dissetare ogni filo d’erba, a portare vita a ogni vita che langue. Andate, immergetevi in questo fiume, raggiungete tutti e gioiete della diversità delle creature di Dio, “battezzando”, immergendo ogni vita nell’oceano di Dio, e sia sommersa, e sia intrisa e imbevuta e sia sollevata dalla sua onda mite e possente! Accompagnate ogni vita all’incontro con la vita di Dio.

Fatelo
“nel nome del Padre: cuore che pulsa nel cuore del mondo;
“nel nome del Figlio”: nella fragilità del Figlio di Maria morto nella carne;
“nel nome dello Spirito”: respiro divino, vento che porta pollini di primavera e “non lascia dormire la polvere”. (D.M.Turoldo).

I nomi che Gesù sceglie per dire la Trinità, sono nomi di famiglia, di affetto. Padre e Figlio e Respiro, nomi che abbracciano: Dio non è in se stesso solitudine, non è il supremo egoista che basta a se stesso. In principio c’è la relazione, in principio c’è il legame. E qui scopro la sapienza del vivere, la Trinità mi riguarda, perché io sono creato non ad immagine di Dio, ma a immagine e somiglianza della Trinità. Allora capisco perché sto bene quando sono con chi mi vuole bene. Capisco perché sto male quando sono nella solitudine. E’ la mia natura profonda, la mia, la nostra natura divina.
Ed ecco che la vita di Dio non è più estranea né alla fragilità della carne, né alla sua forza; non è estranea né al dolore né alla felicità dell’uomo, ma diventa storia nostra, affidata, non alle migliori intelligenze del tempo, ma a undici pescatori illetterati, che si sentono “piccoli ma abbracciati e invasi dal mistero” (Casati). Piccoli ma abbracciati come bambini, abbracciati dentro un respiro, un soffio, un vento in cui naviga l’intero creato.


Di’ loro che il vento dice alle rocce,
ciò che il mare dice alle montagne.
Di’ loro che una bontà immensa penetra l’universo,
di’ loro che Dio non è quello che credono,
che è un vino di festa,
un banchetto di condivisione
in cui ciascuno dà e riceve.
Di’ loro che Dio è colui che suona il flauto
nella luce piena del giorno,
si avvicina e scompare
chiamandoci alle sorgenti.
Di’ loro l’innocenza del suo volto,
i suoi lineamenti, il suo sorriso.
Di’ loro che egli è il tuo spazio e la tua notte,
la tua ferita e la tua gioia,
ma di’ loro, anche, che egli non è ciò che tu dici
e che tu non sai nulla di lui.
Eppure ti fidi e lo preghi,
lo cerchi nel nome di ogni creatura
e, soprattutto, nel nome di Colui che è Figlio, il Nazareno,
che ha saputo amare come nessuno,
nel nome di Colui che è Spirito,
e ancora dà la vita oggi e sempre
e lo farà per i secoli dei secoli.
Amen.