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2 Luglio 2020

Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario Domenica 5 luglio 2020

Dal Vangelo di Matteo 11,25-30


In quel tempo, Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nesssuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà
rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero”.


la Preghiera


La comunione con Dio, Gesù,
non è una conquista a colpi di volontà,
e neppure qualcosa che si raggiunge
con lo studio.,
grazie ad un impegno intellettuale.
E’ un dono e, proprio per questo
ne restano tagliati fuori
tutti i prepotenti e gli arroganti,
tutti i pretenziosi e i saccenti.
A riceverlo, invece, sono coloro
che hanno un cuore di povero,
che sono disposti a rinunciare
ad accapparrarsi avidamente qualcosa,
a pretendere di raffigurarti
a loro uso e consumo.
Lo ricevono quelli che sono pronti
a lasciarsi ammaestrare da Dio.
Sì, Gesù, perché conoscere Dio
non ha niente a che fare
con nozioni da mettere
le une accanto alle altre
e non è frutto di erudizione
e neppure di esercizio di intelligenza.
Dio si rivela solo a coloro
che lo amano intensamente,
con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Ecco perché i piccoli,
coloro che non contano su se stessi,
sulle proprie risorse, sulle proprie doti,
sono i primi destinatari
di una relazione che non nasce sui libri,
ma diventa abbandono fiducioso.
Ed è per questa scelta
che tu benedici e ringrazi il Padre,
che si manifesta a questi figli.


IMPARATE DA ME CHE SONO MITE E UMILE DI CUORE
riflessione di padre Raniero Cantalamessa

“Prendete il mio giogo sopra di voi
e imparate da me, che sono mite ed umile di cuore,
e troverete ristoro per le vostre anime”.

Gesù ci invita ad imitare la sua umiltà. Una volta mi sono chiesto: ma, in che cosa è stato umile Gesù? Scorrendo i Vangeli, non troviamo mai la benchè minima ammissione di colpa sulla sua bocca, né quando parla con gli uomini, né quando parla con il Padre. Egli può dire, rivolto ai suoi avversari: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Si proclama Maestro e Signore, dice di essere dappiù di Abramo, di Mosè, di Giona, di Salomone, proclama beati perfino gli occhi che lo vedono. Dov’è dunque l’umiltà di Gesù, per poter dire: imparate da me che sono umile ?”.

Qui scopriamo una cosa importante circa l’umiltà. Essa non consiste,
principalmente, nell’essere piccoli e poveri, perché uno può benissimo essere insignificante e arrogante nello stesso tempo. Non consiste tanto nel sentirsi piccoli e senza valore, perché questo può nascere anche da un senso di inferiorità o da una cattiva immagine di sé e portare alla depressione e all’autolesionismo, anziché all’umiltà. Non consiste, neppure, nel dichiararsi piccoli, perché molti dichiarano di non valere niente, senza credere veramente quello che dicono, oppure perché questo modo di parlare fa parte della propria cultura.

Dunque l’umiltà non consiste, principalmente nell’essere piccoli, o nel sentirsi piccoli, o nel dichiararsi piccoli. In che consiste allora? Nel farsi piccoli, e nel farsi piccoli per amore, per servire e innalzare gli altri. Così è stata l’umiltà di Gesù. Egli, “che era nella forma di Dio”, si è spogliato di tutto, si è umiliato assumendo la forma di servo per salvarci. Ha perciò perfettamente ragione di dire: “imparate da me che sono umile”.

Umile davvero è solo Dio, perché, nella posizione in cui è, Dio non può elevarsi sopra di sé ( non c’è nulla sopra di lui). Può solo scendere, abbassarsi. Ed è quello che fa tutto il tempo: creando il mondo, si abbassa; ispirando la Bibbia, fa come un papà che che si adatta a balbettare per insegnare al bambino a parlare; nell’incarnazione scende, nell’Eucarestia scende. La storia della salvezza è la storia delle discese e delle umiliazioni di Dio.
Questa idea affascinava San Francesco che era solito esclamare: “Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio!”, e, rivolto a Dio, diceva: “Tu sei umiltà!”. Per questo, nel Cantico delle creature egli fa dell’acqua il simbolo dell’umiltà: “Laudato si’, mi Signore per sora acqua la quale è molto utile, e umile e preziosa e casta”. L’acqua è umile perché, lasciata a se stessa, sempre scende, fino a
raggiungere il punto più basso possibile. L’acqua sceglie sempre per sé l’ultimo posto. Il contrario del vapore che tende invece sempre a salire in alto ed è perciò, giustamente, associato all’orgoglio.
L’umiltà è verità. L’umile è colui che ha i piedi per terra, che è radicato al suolo, che non si lascia trasportare dalle opinioni e dalle mode, non si esalta per le lodi. Dice continuamente a se stesso, come San Paolo: “Che cos’hai che non hai ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?”.

Dobbiamo però riconoscere che l’umiltà non ci è naturale. Ci piace ma negli altri, non in noi stessi. Lo spirito dell’uomo è costituito di orgoglio e vanità. Smaniamo tutti per emergere.
Dobbiamo abbassarci, rinunciare a farci valere, ad aspirare a grandi cose? No. Un giorno, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti (Mc 9,35) e addusse ad esempio se stesso, aggiungendo,”Appunto, come il Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito ma per servire” (Mt 20,28).

“Se uno vuole essere il primo”: dunque è lecito voler primeggiare ed eccellere nella vita. Quello che cambia con il Vangelo è solo la via per realizzare questa aspirazione legittima. Essa non consiste nell’elevarsi sugli altri, riducendoli a schiavi o ammiratori, ma nell’elevare gli altri servendoli, aiutandoli a crescere.
Come fa, insomma, un buon genitore che non desidera tanto elevarsi sui propri figli, ma elevare i propri figli e farli diventare grandi, anche più grandi di lui.

Questa non è una via in cui uno riuscirà vincitore e tutti gli altri perdenti, ma che eleva tutti. Alla competitività selvaggia, si sostituisce la solidarietà. E’ la via più degna anche dal punto di vista umano. Umiltà non significa, dunque, farsi mettere sotto i piedi, non reagire all’ingiustizia. Il vero umile sa anche lottare per la verità, perché è libero egli stesso. Veramente magnanimi e ardimentosi sono solo i santi.
Piuttosto, quanti, con la scusa di non farsi mettere sotto i piedi, non si accorgono che mettono continuamente gli altri sotto i piedi! Gesù mette in luce il frutto più prezioso dell’umiltà: essa rende possibile accogliere la rivelazione divina, predispone a credere.

Piccoli,allora, non significa il contrario di intelligenti, ma il contrario di superbi. Il Vangelo non condanna la sapienza, ma l’orgoglio. Ma non facciamo così anche noi? A chi ci accostiamo e confidiamo volentieri i nostri segreti: all’altezzoso, alla persona piena di sé, o alla persona discreta, umile, capace di ascoltare e tacere? L’orgoglio guasta anche le cose più belle. Anche l’intelligenza e la bellezza fisica, senza la modestia, perdono il loro fascino ed espongono la persona più al ridicolo che all’ammirazione. Se l’umiltà è così bella, dobbiamo darci da fare per diventare un po’ più umili. Un piccolo mezzo che ci fa crescere nell’umiltà, è saper accettare qualche osservazione degli altri, senza subito deprimerci o, al contrario, reagire
partendo subito al contrattacco, prima ancora di aver considerato se l’osservazione era giusta o meno. Non si diventa umili senza accettare qualche umiliazione. Nulla serve a smontare ire e inimicizie quanto un sincero atto di umiltà, o accennare a un sorriso dopo un litigio tra marito e moglie, una parola di scusa tra colleghi di lavoro, perfino tra avversari politici; tutto questo rasserena l’atmosfera, smonta ogni risentimento, rende tutto più semplice. Il vero vincitore è chi ha preceduto l’altro nell’atto di umiltà, non chi si è fatto prevenire. Richiamiamo alla mente la parola di Gesù che promette pace e ristoro a chi lo segue per la via dell’umiltà:

“imparate da me che sono mite e umile di cuore,
e troverete ristoro per la vostra anima”.


Padre,mi riconosco orgoglioso e incapace di essere umile.
Spesso cerco, non solo, di essere più capace, ma più capace degli altri.
Perdona il mio orgoglio che mi porta
ad essere in continua rivalità con tutti.
Non voglio crescere io, Signore:ma voglio che tu cresca in me.
Padre, ti rendo grazie per i miei limiti,
perché così riconosco di avere bisogno di te e dei miei fratelli.
Spesso non ti sei manifestato nella mia vita
in tutta la tua grandezza e in tutto il tuo potere
perché manco di umiltà .
Fammi umile con la tua umiltà.