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31 Gennaio 2020

Presentazione del Signore Domenica 2 Febbraio 2020

Dal Vangelo di Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come scritto nella legge del Signore: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora, a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone , uomo giusto e
pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver visto il Cristo Signore. Mosso dallo Spirito Santo, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la legge prescriveva a suo
riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio dicendo: “ Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione -“e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori.


Desiderio di vita sensata


“ Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” (Mt 19,16). La domanda che il giovane rivolge a Gesù ce la poniamo tutti, anche se, non sempre, la lasciamo affiorare con chiarezza: rimane sommersa dalle preoccupazioni quotidiane.
Nell’anelito di quell’uomo, traspare il desiderio di trovare un senso consistente all’esistenza. Gesù ascolta la domanda, l’accoglie e risponde: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (v.17). La risposta introduce un cambiamento – da avere a entrare – che comporta un capovolgimento radicale dello sguardo: la vita non è un oggetto da possedere o un manufatto da produrre, è piuttosto una promessa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte. Così la vita, nel tempo, è segno della vita eterna, che dice la destinazione verso cui siamo incamminati.


Dalla riconoscenza alla cura

E’ solo vivendo in prima persona questa esperienza che la logica della nostra esistenza può cambiare e spalancare le porte a ogni vita che nasce. Per questo, Papa Francesco ci dice: “L’appartenenza originaria alla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza e riflessione”. All’inizio, c’è lo stupore. Tutto nasce dalla meraviglia e poi, pian piano ci si rende conto che non siamo noi l’origine di noi stessi;“possiamo solo diventare consapevoli di essere in vita, una volta che già l’abbiamo ricevuta, prima di ogni nostra intenzione e decisione. Vivere significa necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta in modoinadeguato.”

E’ vero. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento, di abuso. Davanti a queste azioni disumane, ogni persona prova un senso di ribellione o di vergogna. Dietro a questi sentimenti si nasconde l’attesa delusa e tradita, ma può fiorire anche la speranza radicale di far fruttare i talenti ricevuti( Mt 25,16-30).
Solo così si può diventare responsabili verso gli altri e “gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita, e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto l’arco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri”.Se diventiamo consapevoli e riconoscenti della porta che ci è stata aperta, e di cui la nostra carne, con le sue relazioni e incontri, è testimonianza, potremo aprire la porta agli altri viventi.
Nasce qui l’impegno di custodire e proteggere la vita umana dall’inizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità, anche quando è in gioco la tecnologia o l’economia.La cura del corpo, in questo modo, non cade nell’idolatria o nel ripiegamento su noi stessi, ma diventa la porta che ci apre a uno sguardo rinnovato sul mondo intero: i rapporti con gli altri e il creato.


Ospitare l’imprevedibile

Sarà lasciandoci coinvolgere e partecipando con gratitudine a questa esperienza che potremo andare oltre quella chiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello. Incrementando la fiducia, la solidarietà e l’ospitalità reciproca, potremo spalancare le porte ad ogni novità e resistere alla tentazione di arrendersi alle varie forme di eutanasia.

L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri. E’ questa l’unica via perché la uguale dignità di ogni persona possa essere rispettata e promossa, anche là dove si manifesta più vulnerabile e fragile. Qui, infatti, emerge con chiarezza che non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.


Preghiera per la Vita di Benedetto XVI


Signore Gesù,
ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente,
rendici capaci di scorgere nel frutto del grembo materno
la mirabile opera del Creatore,
disponi i nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino
che si affaccia alla vita.
Benedici le famiglie,
santifica l’unione degli sposi,
rendi fecondo il loro amore.
Con Maria tua Madre, la grande credente,
nel cui grembo hai assunto la nostra natura umana,
attendiamo da Te, unico nostro vero Bene e Salvatore,
la forza di amare e servire la vita,
in attesa di vivere sempre in Te,
nella Comunione della Trinità Beata.