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3 Aprile 2020

Domenica delle Palme



Dal Vangelo secondo Marco 11,1-10

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: “Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà “Perchè fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”. Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: “Perchè slegate questo puledro?”. Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!”.


Con la Domenica delle Palme , con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, inizia la Settimana Santa, durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione. Quest’anno, per la situazione che stiamo vivendo, sarà una Settimana Santa inedita e una Pasqua anomala che costerà sacrificio a tutti i fedeli e alla Chiesa. La forza che i cristiani hanno per vivere questo tempo in comunione con Dio è la preghiera che aiuta a dilatare il cuore rendendolo paziente . L’incontro personale con il Signore ci dona speranza. In questo particolare periodo, preghiamo per chi soffre, per chi è in difficoltà, per il personale sanitario e per tutti quelli che sono impegnati nel combattere questa emergenza. Viviamo questa Pasqua nel silenzio delle nostre case, guardando a Cristo, fonte di speranza e con fiducia nell’amore di Dio.



GIOVEDI’ SANTO

Cena con i piedi liberi di don luigi Maria Epicoco

Con il giovedì Santo, comincia quello che i cristiani chiamano il “triduo santo”, cioè tre giorni in cui, a rallentatore, si ripercorre tutto il nocciolo della fede in Cristo. Questa giornata è tradizionalmente conosciuta come la liturgia dell’’ultima cena” cioè del momento in cui Gesù istituisce l’Eucarestia. Ma, durante la messa,”in coena Domini”, nel Vangelo di Giovanni non ci sono pani spezzati e calici passati di mano, ma si racconta più che altro di piedi lavati e di silenzi imbarazzati. Gesù si inginocchia, dopo esserasi cinto le vesti, e lava i piedi ai discepoli.

Perchè proprio i piedi?
Qualche ora dopo, Pilato si laverà le mani e, ancora prima, Giuda avrà sicuramente tentato di lavarsi la bocca da quel bacio dannato che aveva dato al Maestro nell’orto degli ulivi. Gesù sceglie i piedi.
Forse lo fa perché, sotto la pianta dei piedi della gente è archiviata la strada che hanno fatto. I piedi sono il simbolo di tutto quello che percorriamo con la nostra vita. Lavarli, significa liberarsi di tutta quella terra, molto spesso fatta di dolore, che ci è rimasta attaccata addosso. Solo quando uno ha preso questa distanza significativa dalla propria storia, può sedersi a tavola con Gesù ed ascoltarlo; diversamente continuerà a tenere il pensiero a quella terra, a quel dolore, a quelle pietre conficcate nella carne, e non ci sarà tempo per accorgersi di nient’altro se non dei propri piedi. Non ci saranno tramonti o panorami, volti o amori, speranze o silenzi. Gesù libera i discepoli da un’attenzione sbagliata e li abilita a sentire, vedere, accorgersi, mangiare, gustare, piangere. E’ interessante come il Maestro dica: “Lavatevi i piedi gli uni gli altri”.

Cioè, il cristianesimo è mettersi in ginocchio davanti ai piedi degli altri e non ai nostri. La fede in Gesù, la si consuma solo a vicenda e mai nella solitudine. Lasciarsi lavare i piedi e lavare i piedi agli altri. Se non ci carichiamo della storia degli altri e non lasciamo che gli altri facciano altrettanto con noi, allora non siederemo mai a tavola.

Non sperimenteremo mai la vertigine dell’amicizia, dell’intimità, delle parole sussurrate, degli sguardi, dell’intesa. Ma avvertiremo solo la paura, la frustrazione, la rabbia, il rancore, l’insicurezza per tutto quello che ci è capitato. Gli disse Pietro: “ Tu non mi laverai i piedi in eterno!”.
Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò i piedi, non avrai parte con me!”.
Gli disse Simon Pietro: “ Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”.


VENERDI’ SANTO

A far “santo” questo venerdì, non è la sofferenza di una morte in croce, ma è l’amore “fino alla fine”che ha portato il Figlio di Dio a morire in croce. In questo giorno, le parole cedono il posto al silenzio e alla contemplazione.


Meditazione di don Luigi Maria Epicoco

Per troppo tempo, forse, abbiamo frainteso la croce come il gusto macabro di amare la sofferenza. Non si può amare la sofferenza ma, a volte, uno accetta di soffrire per amore di qualcuno. Ecco cos’è la croce cristiana: non l’amore per il dolore e la sofferenza ma l’amore per l’amore stesso, portato fino alle estreme conseguenze di essere persino disposti a soffrire per ciò che si ama. Cristo per questo è salito sulla Croce, e ci ha così insegnato che , per amore nostro è disposto a tutto, anche a morire.: “Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. La croce non serve a farci venire i sensi di colpa, ma a ricordarci quanto valiamo davanti al Signore. “Tu vali anche la mia stessa vita” dice Gesù. Per questo la croce è il segno distintivo per noi cristiani, perché è il segno di un amore senza condizioni, un amore fino alla fine, un amore disposto a dare la propria vita per chi si ama. Se, alle volte, le nostre croci sono pesanti, è solo perché non abbiamo qualcuno per cui valga la pena tutta quella sofferenza e quella fatica. E’ per questo che Cristo è venuto al mondo, per dire che, “per amore Suo”, noi possiamo tutto. E’ nel modo con cui abbracciamo ciò che c’è dentro la nostra vita che fa la differenza. Non sempre riusciamo a risolvere tutto ciò che ci pesa sulle spalle, ed è proprio in quel momento che, invece di sentirci falliti, possiamo assumere una somiglianza più profonda con Cristo. Vivere la Croce così come egli l’ha vissuta. Farsi santi con ciò che ci fa più fatica. Imparare ad amare ciò che non abbiamo scelto


SABATO SANTO di Papa Francesco

“ Il Sabato Santo è il giorno del silenzio di Dio. Deve essere un giorno di silenzio anche per noi, come è stato in quel tempo. Gesù, deposto nel sepolcro, condivide con tutta l’umanità il dramma della morte. E’ un silenzio che parla ed esprime l’amore come solidarietà con gli abbandonati di sempre, che il Figlio di Dio raggiunge colmando il vuoto che solo la misericordia infinita del Padre, Dio, può riempire. Dio tace, ma per amore. In questo giorno, l’amore – quell’amore silenzioso – diventa attesa della vita nella Risurrezione. Pensiamo, il Sabato Santo; ci farà bene pensare al silenzio della Madonna, la “Credente”, che, in silenzio era in attesa della Risurrezione. La Madonna dovrà essere l’icona per noi, di quel Sabato Santo che lei ha vissuto in attesa. E’ l’amore che non dubita, ma che spera nella Parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua”.

Questo Sabato di silenzio, di meditazione, di perdono, sfocia nella Veglia Pasquale, che introduce la domenica più importante della storia, la domenica della Pasqua di Cristo.



PREGHIERA A GESU’ CROCIFISSO

Noi ti adoriamo, Cristo Gesù.
Ci inginocchiamo e non troviamo parole sufficienti per esprimere quel che proviamo davanti alla tua croce. Noi desideriamo, o Cristo, gridare oggi verso la tua misericordia più grande di ogni forza e potenza
alla quale possa appoggiarsi l’uomo. La potenza del tuo amore
si dimostri ancora una volta più grande del male che ci minaccia.
Si dimostri più grande dei molteplici peccati che si arrogano, in forma sempre più assoluta, la cittadinanza nella vita degli uomini. Amen
Giovanni Paolo II



Il parroco, don Germano e il Consiglio Pastorale, sono vicini a tutta la comunità, ed augurano a tutti una santa e serena Pasqua.